Evocato più volte durante un infortunio di gioco, ha rilasciato la seguente dichiarazione su "Il Mondo Creato"
Mi dimentico a lungo di essere Dio: ma la memoria non è il mio forte e devo aiutarla in ogni modo.
Il ricordo di me è tornato mentre in televisione rimiravo una girandola di eventi: un vulcano che esplodeva lava, una gara di sci sulle Alpi, un film che ricordava Parigi di quarant'anni fa, la vita dei bambini indiani, la caccia in Ecuador, un ufficio a Ottawa, un'operazione al cuore in ripresa diretta, un documentario sui pesci nel Mare del Nord, una partita di calciotto amatoriale. La vita mi chiuse in una rete. Quando la macchina da presa girò intorno a un fiore sul fondo del mare, mi ricordai che avevo creato tutto ciò e fui desideroso di primavera e di cieli aperti da ogni lato. Ero pronto a raggiungermi in qualsiasi parte del globo, nell'inverno e nell'estate di me.
Io sono il mio sonno e la mia veglia. Al mattino sono felice di esistere. Pigrizia ed energia si confondono: sono sdraiato sul letto, il mio corpo si muove appena. I piedi puntano all'emisfero nordico, un braccio invade le isole del Pacifico, l'altro si protende verso l'Asia, alla fine si incontrano a est e a ovest della mia persona. Le spalle e la testa affondano verso il cuore della terra, dov'è sepolta una parte di Dio.
C'è in me un vasto territorio d'ombra che ingloba qualsivoglia tenebra del cosmo. l'oceano dell'antimateria è il deposito di quanto io non so di me stesso e vaga possente al mio interno. E' la mia anima opaca, una notte gremita di sogni indecifrabili e il suo buio incute timore. Anche per questo il sole è il mio grande amico.
Mi hanno immaginato come un vecchione dalla barba bianca che non si sa bene che cosa abbia combinato durante un'infinità di tempo. Finché un giorno, apparentemente senza motivo, decise di creare il mondo e si mise a dare ordini e subito le sue migliori creature gli disubbidirono; e fra questi c'era un serpente che non s'è mai più liberato di una bruttissima fama. Altri aggiunsero storie di incesti inverosimili, padri che divorano i figli, divinità tagliate a pezzi e poi rimesse insieme e simili dicerie stravaganti.
In realtà ero un fanciullo abbandonato da genitori ignoti. Dio è un trovatello e non me lo posso scordare neppure se sposassi la regina di Saba, come certo mi sarà capitato. Lo scrissi nella prima versione di una mia autobiografia ed il Papa deve averla letta. Io vengo da non si sa dove e pochi sanno cosa questo vuol dire. Ho l'orgoglio dei figli di nessuno, ma anche la loro insicurezza e un tormento di solitudine e un'istintiva antipatia per chi si trova ingiustamente avvantaggiato. Io mi sono fatto da solo e sopporto a stento i figli di papà e penso che dovrebbero giustificarsi d'essere al mondo. Guardate me, scagliato nell'universo e obbligato a cavarmela senza l'aiuto di alcuno!
Non si può immaginare la mia solitudine prima che incominciasse la vita. Ero chiuso dentro qualcosa che non si poteva definire spazio. Aprivo gli occhi nel vuoto e mi accorgevo della sua nudità: ero chiuso in esso come l'aria nell'aria. Presi coscienza di me nel momento in cui mi accorsi d'essere avvolto nel nulla e sentii freddo al cuore. Quella fu l'origine dell'universo: il mio bisogno di trovar compagnia. Il mondo cominciò con la percezione del mio isolamento e con il mio sforzo per uscirne.
Non so quanto durò quel girovagare nella notte dei tempi, con desideri incandescenti che si raffreddavano e diventavano sassi nel cielo.
A un certo punto non ce la feci più. Mi fermai nella gran tenebra e mandai un grido fortissimo. Era la prima volta che sentivo la mia voce. Vidi il mio grido che si innalzava come una freccia e giungeva in qualche punto là in mezzo ed esplodeva lanciando frammenti che diventavano meteore. Sul luogo dell'esplosione rimase una palla incandescente che sembrava un lampadario nel cielo.
Mi guardai intorno e vidi ben poco: il mio universo mi sembrò straordinariamente monotono e incolore. La delusione fu tale che volli spegnere la luce e tornare al buio. Ebbene non mi fu possibile! E allora mi resi conto, una volta per tutte che non mi era concesso di disfare il già fatto. C'era un limite alla mia possibilità di giocare con il mondo creato. Se creavo qualcosa non potevo distruggerla. [...]
Franco Ferrucci - Il Mondo Creato - Fazi Editore
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